domenica 22 marzo 2015

Zona Porta Vittoria - Il Monumento alle 5 Giornate di Milano

Piazza Cinque Giornate è una grande posta dove si trovava la porta Tosa nelle mura cinquecentesche dette anche "spagnole" che cingevano Milano. La piazza venne intitolata alle famose Cinque Giornate che furono un'insurrezione popolare avvenuta tra il 18 e il 22 marzo 1848, all'epoca facente parte del Regno Lombardo-Veneto, che portò alla liberazione della città dal dominio austriaco. 
Il monumento alle 5 Giornate di Milano

Il monumento nel 1896


Al centro spicca il grande obelisco animato da figure allegoriche alla base dedicato all'insurrezione e progettato e disegnato da Giuseppe Grandi (1843-1894), che fu inaugurato il 18 marzo 1895.


Piazza 5 Giornate nel 1950 circa


Il monumento venne posto laddove le forze popolari avevano sopraffatto l'ultima resistenza degli austriaci nella quinta giornata dell'insurrezione, iniziata il 18 marzo del 1848. Grandi lavorò al monumento dal 1883 al 1891, ma i continui rinvii dell’inaugurazione non gli permisero di assistere all’inaugurazione, infatti morì il 30 novembre 1894.
Sotto la sua base è scavato l'Ossario dei caduti delle Cinque Giornate, i cui nomi, in bronzo, sono riportati sulle pareti dell'obelisco. 

L’allegoria, così come l’ha creata il Grandi, è composta da cinque donne che sono la personificazione di ciascuna delle giornate dei combattimenti e, alla base dell’obelisco, è posto un leone, immagine-cardine del popolo che si sveglia e si solleva contro gli Austriaci occupanti rappresentati da un’aquila simbolo dell’impero austro-ungarico.

Il monumento alle 5 Giornate di Milano

A questo monumento, Grandi lavorò per circa quattordici anni, e fu un lavoro accanito, appassionato, pressoché esclusivo. La fatica di tale impresa fu tanta e tanta fu la sua dedizione, ch'egli, debole di polmoni, se ne ammalò, morendo d'etisia tre mesi prima de ll'inaugurazione dell'opera. Aveva poco più di cinquant'anni. Il compianto fu grande.
Gli artisti milanesi vollero rendergli omaggio facendo scoprire il 6 dicmbre del '94, almeno per mezza giornata, il monumento già finito, che sarebbe poi stato inaugurato ufficialmente, per commemorare le Cinque Giornate, solo il 15 marzo dell'anno dopo.
Fedele ai principi del Realismo, Grandi si procurò i modelli di cui aveva bisogno senza badare a spese, con assoluto disinteresse. Riuscì a farsi venire un'aquila da Budapest e andò personalmente ad Amburgo per comprarsi un Leone, che si portò dietro con relativo domatore.

Di vero però c'era l'impegno serio e severo del Grandi che, chiuso nello studio, modellava le sue immagini in solitudine.

Grandi ha incarnato le Cinque storiche giornate in una allegoria di cinque donne discinte, disposte dinamicamente intorno alla base da cui si alza un obelisco che sale al cielo coi nomi dei caduti incisi nel bronzo. Come avrebbe detto Courbet, si trattava comunque di una "allegoria realista", e in tale senso ogni figura è modellata.

Giorno 1 - Il leone (il popolo) si sveglia

Alla base, il leone si risveglia e rugge, guizzante per ogni muscolo sotto la pelle, immagine-simbolo del popolo che si sveglia e solleva contro la tirannia.

Giorno 1 - Quindi, ecco la donna che rappresenta la prima giornata: una donna dalle forme poderose, una «vera Dea delle barricate»: con un sasso batte l'allarme su di una campana, a ricordo di tutti i campanili che in quel giorno fatidico suonarono a martello da un capo all'altro della città, mentre sulla schiena nuda le guizza una folta treccia come una serpe furente.

Giorno 1 - La donna che suona la campana con un sasso

Giorno 1 - La donna che suona la campana con un sasso

 Giorno 2 - Ed ecco la seconda giornata: una donna che piange sulle stragi perpetrate contro la popolazione inerme il giorno dopo l'insurrezione.

Qui si vede bene - da sinistra a destra - Il Primo giorno, il Seconndo e il Terzo giorno

Giorno 2 - La donna che piange le prime vittime e il Terzo Giorno che si scatena


Giorno 3 - Ma è da questo stesso dolore che si genera l'impeto travolgente. È per ciò che Grandi ha modellato la donna della terza giornata più grande delle altre, come se in lei si raccogliessero tutte le energie della riscossa popolare. Con le braccia tese, gli occhi furibondi, i capelli scarmigliati, uscenti di sotto una benda che le copre la fronte ferita, questa donna chiama alla lotta, interpretando istitintivamente la parola d'ordine di Cattaneo: «Meglio morire di ferro che di forca».

Giorno 3 - La donna che si ribella ed è pronta a reagire


Giorno 4 e 5 - Modellate vicine sono invece le due donne della quarta e della quinta giornata, avvolte insieme dall'ampio e palpitante drappo della bandiera. La prima appare come sollevata dalla speranza della vittoria, la seconda dà fiato alla tromba perché la vittoria è ormai compiuta.
 Accanto, con le ali aperte in atto di spiccare il volo per recare al mondo la notizia, le sta l'aquila che unisce il suo grido agli squilli vittoriosi.
Giorno 4 e 5 (nella parte superiore)

Giorno 4 e 5più l'aquila che spicca il volo

Esso costituisce un punto alto nella scultura dell'Ottocento, e per più d'un aspetto un punto che è rimasto insuperato.
Ma, per Grandi, il monumento non era soltanto l'opera a cui aveva dimostrato di tenere maggiormente come alla prova più impegnativa della sua carriera, quella a cui affidava la memoria del suo nome d'artista. Per lui, il Monumento alle Cinque Giornate costituiva anche un segno specifico del suo impegno civile, un modo per ricordare che i valori del Risorgimento avrebbero dovuto continuare ad essere presenti come motivo ispiratore del nuovo Stato unitario. È per questo ch'egli volle incidere sulla campana un'epigrafe di non dubbio significato: «Quamvis immota loquor»: cioè: "Anche se ora sto immobile, io parlo perchè non dimentichiate le ragioni della nostra storia".
Il monumento, insomma, non era soltanto un ricordo, ma anche un rimprovero e un ammonimento.

Notizie da La Scultura italiana

L'ingresso al sotterraneo













Alcune foto sono di Renato Grisa

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