Inizialmente, subito dopo il cataclisma e la partenza degli operai nepalesi, nel cantiere Expo si era scatenata una vera gara di solidarietà tra operai e muratori di Expo per cercare di completare il padiglione abbandonato in fretta. I lavori, grazie a questo aiuto erano stati completati, ma mancava il personale per l'allestimento espositivo e quindi per due mesi il padiglione era rimasto vuoto e chiuso in parte.
Anche se vuoto, fin dall'inizio il padiglione nepalese è stato uno dei più visitati di Expo. Quasi un pellegrinaggio spontaneo per testimoniare la vicinanza al popolo nepalese dei visitatori "normali" e non solo, come personaggi eccellenti come il Primo Ministro Renzi o le figlie del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.
Finalmente questa settimana è stato aperto il ristorante nepalese, permettendo ai visitatori di entrare nell'atmosfera del paese himalayano e vedere anche cosa espongono.
L'atmosfera del padiglione richiama un sentiero che dovrebbe ricordare gli antichi insediamenti delle valli di Kathmandu, con porticati e templi in legno intagliato. Infatti anche qui a Milano le 42 colonne sono state intagliate a mano dagli artisti nepalesi prima di "scappare" in patria per aiutare i terremotati.
Noi speriamo anche che il padiglione, in qualche senso, possa rimanere a Milano una volta ultimato Expo, magari ricostruito nel nuovo museo delle Culture di via Tortona.