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giovedì 8 ottobre 2015

Zona Guastalla - I Satiri di via della Guastalla

Qualcuno percorrendo la bella via della Guastalla si sarà accorto di uno strano portone barocco posto come ingresso ad un edificio moderno. Siamo davanti al civico 15, dove due grandi Satiri fungono da guardiani assieme ad Adamo ed Eva sorretti da due puntini a cavallo di un leone marino con tanto di coda da sirena, il tutto scolpito nel bianco marmo.
Il grazioso portone non proviene da alcun palazzo milanese, bensì venne portato qui dall'architetto Luigi Maria Caneva per decorare l'ingresso del nuovo palazzo da lui progettato per la Generale Immobiliare, da una villa napoletana del Settecento demolita.
I satiri (o fauni) fungono da telamoni per la cornice superiore e osservano con fare preoccupato chi varca il portone; le due figure sono rappresentate in modo classico - corpo di uomo barbuto e parte inferiore con zampe da capra - e sono delle figure mitologiche che abitavano i boschi in compagnia di Pan e Dioniso. I fauni rappresentano la fertilità e la forza vitale della natura.

Adamo ed Eva sorreggono l'arco d'ingresso con una mano e si coprono il sesso con una foglia; come basamento hanno due piedistalli che riportano due scritte. Ai piedi di Eva la scritta riporta: Aqua vivimus, viviamo d'acqua; mentre ai piedi di Adamo: Ut vivas vigila, vigila per vivere.

L'edificio si presenta con tre piani lato strada e un loggiato centrale aperto su due lati che chiude un piccolo cortiletto con giardino. Mentre la parte del palazzo arretrato è di 5 piani più un ultimo piano a terrazzamento. Il nostro portone barocco decora assieme alla cancellata la parte centrale del loggiato moderno.














lunedì 5 ottobre 2015

Zona Porta Lodovica - Un quartiere così inglese

Due villette in puro stile tudor, a graticcio, attirano l'occhio appena si percorre Via Giambologna. Il piccolo quartierino racchiuso dalle vie Tabacchi, Castelbarco, Viale Tibaldi e per l'appunto Via Giambologna, a due passi dall'università Bocconi, è un quartiere fatto di villette sorte tutte, o quasi, attorno al 1920 e 1925.


Siamo riusciti a scoprire ben poco a proposito di questo quartiere, al tempo sorto nella periferia sud di Milano, tra la vetraria e il terreno dell'ex cimitero del Gentilino. Qualche notizia la siamo riusciti a raccogliere (grazie agli amici di Skyscrapercity) solo sulle due casette a graticcio, anche se sono due notizie discordanti:

La prima, secondo un numero della rivista "Abitare" del 1988, "Ecco [un esemplare di casa unifamiliare] dall'aspetto e dalla storia curiosi. Intorno al 1925 una signora inglese sposata con un italiano, chiese al marito una casa che le ricordasse il suo paese. In quel periodo ci fu a Milano una esposizione internazionale di edilizia, e quella fu l´occasione per i coniugi di poter scegliere una vera casa inglese, che fecero costruire, con leggere varianti rispetto al modello, nei pressi di via Giambologna [...]"


La seconda, su un numero di "Sentieri in città - Notiziario di Boscoincittà e Parco delle Cave" racconta; "Mi è stato raccontato che queste due curiose villette a graticcio, in via Ottolini 2 e 5, con il tetto un po’ spiovente, le piccole bifore a vetri colorati e gli alti camini, sono state costruite in stile rigorosamente nordico per due signori tedeschi, importatori di pianoforti, che evidentemente soffrivano troppo la nostalgia per il loro paese d’origine. Percorrendo le strade di questo quartiere-giardino, che in certi angoli richiama una cittadina della Versilia, vi potrà capitare di sentire un pianoforte suonato da un grande virtuoso dello strumento che qui abita. Se non sarete così fortunati, accontentatevi degli uccelletti che hanno scelto questa oasi tranquilla."
Insomma, le due case a graticcio sollevano grande curiosità nel quartiere; del resto sono le uniche che hanno un certo "valore". Infatti il resto delle villette del piccolo villaggio è formato da variegate case realizzate tutte negli anni Venti senza grandi pretese quasi tutte in stile eclettico, Liberty o Art-decò.
















Cesare Breveglieri, Nevicata in via Giambologna, 1933. Olio su tela. Milano, Civica Galleria d’Arte Moderna









giovedì 17 settembre 2015

Zona Porta Garibaldi - Quel rudere dietro al palazzo

Pochissimi l'avranno notato, ma in Corso Garibaldi al civico 81 di Corso Garibaldi, nel cortile, si celano dei ruderi di un'antico oratorio. Il rudere lo si può scorgere dall'apertura che si è formata nel dopoguerra tra il palazzo eclettico (numero 81) del corso e il palazzo costruito negli anni Cinquanta (numero 79) dopo le ricostruzioni belliche.

Ricordiamo che, Corso Garibaldi doveva essere allargato secondo un piano regolatore ideato negli anni Trenta, ma che tale progetto venne attuato solo fino agli anni Sessanta, lasciandoci la famosa dentellatura di palazzi arretrati e non in linea che ora si possono vedere per l'intero percorso di Corso Garibaldi. Come dicevamo, tra i due palazzi prima menzionati, si trova un "cancello" in legno che cela un rudere ricoperto da rampicanti.

Si tratta di quel che rimane di una chiesetta seicentesca dedicata a Santa Febronia. L'oratorio venne eretto nel 1644 per volere del sacerdote Francesco Maria Grasso, sotto l'assenso dell'arcivescovo Cesare Monti affinché venissero ricoverate e recuperate fanciulle orfane o figlie di prostitute prima che queste venissero condotte sulla cattiva strada come spesso accadeva all'epoca. Così in un palazzo lungo il corso venne istituito questo luogo pio per le ragazze povere e le “zitelle, quali sono in evidente pericolo di perdere la loro pudicizia” con annessa chiesa. Venne loro imposto d'indossare l’abito religioso di Sant'Orsola con l’osservanza della Regola di Santa Chiara. Nel 1784 oratorio e conservatorio vennero soppressi e le ragazze confluirono alle Stelline.

La chiesa prese il nome dalla martire cristiana orfana all’età di due anni, che visse in una comunità ascetica nella terra di Siria (a Nisibis, odierna Nusaybin). Il suo martirio, sotto Diocleziano (25 giugno del 305), viene ricordato come uno dei più cruenti.

La chiesetta seicentesca non era di grande valore architettonico, presentava un'aula unica suddivisa in due settori da un arco, l'altare principale opposto all'entrata, del quale si vede ancora il profilo della cornice che incorniciava una tela, e la navata con alle pareti, da un lato, tre altari e dall'altro lato tre finestre. Delle opere d'arte al suo interno non siamo riuscii a trovare nulla al momento, sicuramente di poco valore e disperse nel mercato dell'antiquariato o trasportate in qualche altra chiesa, come avveniva spesso.

Sicuramente utilizzato come magazzino fino alla seconda guerra mondiale, ora pare completamente abbandonato. Ci chiediamo come mai questo rudere sia rimasto ancora in piedi (visto anche lo scarso valore) e come mai nessuno lo trasformi in qualcosa (sala espositiva, bar, ristorante) conservandone le pareti così come sono, prima che crolli definitivamente. 

Alcune foto sono nostre, altre di Stefano Gusmeroli per MilanoFoto.it













mercoledì 16 settembre 2015

Curiosità: le strade in blocchi di cemento

Quanti di voi hanno notato che alcune strade, come ad esempio Viale Gabriele D'Annunzio, Viale Gian Galeazzo, Viale Beatrice D'Este, Viale Angelo Filippetti, Viale Emilio Caldara e così proseguendo... non sono asfaltate ma bensì realizzate in grandi blocchi di cemento?
Si tratta di una soluzione adottata negli anni Cinquanta del '900 e a dire il vero se dopo più di sessant'anni ancora resiste è stata una soluzione, diciamo, duratura. A guardar bene inizia a scricchiolare un po', specie in alcuni punti dove grandi crepe e profondi solchi segnano le piastre. Con questo sistema vennero sistemate quasi tutte le strade che formano i viali che seguono i bastioni delle mura difensive e altri grandi vialoni come Domodossola.
Se questa soluzione non è stata più applicata sicuramente sarà stato a causa degli alti costi del materiale.

Viale Caldara

Viale Filippetti

Viale Gian Galeazzo

Viale Domodossola






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