Vi siete mai trovati di fronte a un bel quadro rovinato da una cornice inadeguata? Una tela d’autore, magari un paesaggio dell’ottocento, circondato da lucide lame di metallo anni ’70? È esattamente quello che ho provato durante la mia prima passeggiata milanese al Castello, ormai tanti anni fa. La visuale verso l’Arco della Pace era disturbata da una strana pedana con alcune quinte teatrali, incombente su quella parte di parco che si apriva alla mia vista.
Anni dopo, come per magia, l’elemento dissonante è scomparso. Così quella stessa prospettiva è di colpo diventata più gradevole, più armonica.
In seguito ho scoperto che quella struttura era il “Teatro Continuo”, un’opera di Alberto Burri, realizzata nel 1973 in occasione della XV Triennale: una vera e propria macchina scenica composta da una piattaforma in cemento e sei quinte laterali in acciaio dipinto, pronta all’uso per spettacoli, manifestazioni ed esibizioni estemporanee di chiunque volesse.
Il lavoro di un grande artista, quindi, nato con una finalità encomiabile, ma che non era riuscito, come altre opere presenti nel parco Sempione, a integrarsi con il verde e con i suoi fruitori e che in pochi anni appariva in uno stato di grave degrado; tanto che alla fine degli anni ’80 si decise di smantellare il manufatto, tra le proteste dell’autore che non gradì per nulla questa scelta.
La notizia di questi giorni è che in concomitanza con il centenario della nascita dell’artista, il “Teatro Continuo” sarà ricostruito com’era e dov’era da una ditta specializzata. I 150 mila euro necessari saranno sborsati dalla Fondazione Burri e da NCTM Studio Legale: questo regalo alla città dovrà essere pronto per l’Expo 2015.
Ma è un dono gradito? L’arte contemporanea spesso incontra l’ostilità del pubblico, soprattutto per una semplice ragione: spesso si presenta prepotentemente, imponendosi con aggressività alla vista dell’ignaro passante, che non ne comprende appieno il significato. Quello del Teatro Continuo di Burri è sicuramente uno di questi casi. L’artista ha forse peccato di presunzione nel voler inserire, sia pure in buona fede e con lodevoli finalità, un segno così forte in un ambito già molto bello di suo.
Mi domando allora se sia proprio necessario riproporre quest’opera là dove già una prima volta è andata incontro a critiche e degrado; e soprattutto se non sia possibile trovare una collocazione alternativa che salvaguardi l’integrità del manufatto e la poetica di Burri, risultando meno estranea al contesto. Mi sono dato una risposta: nei prossimi anni Milano si doterà di un giardino di sculture moderne nell’area di City Life, quella sorta al posto della vecchia Fiera. Un altro parco, dunque, in cui sarebbe anche possibile ricreare un cannocchiale prospettico che abbia come sfondo, al posto della Torre del Filarete, i tre avveniristici grattacieli ora in costruzione. L’effetto sarebbe altrettanto scenografico e la funzione del teatro potrebbe essere esaltata. Inoltre, poiché il giardino delle sculture è in fase di progettazione, si potrebbe studiare con i paesaggisti la migliore soluzione possibile e non calare dall’alto un’opera estranea al contesto, come avvenne nel 1973 e come si vorrebbe ripetere adesso. Che ne dite?
Anni dopo, come per magia, l’elemento dissonante è scomparso. Così quella stessa prospettiva è di colpo diventata più gradevole, più armonica.
In seguito ho scoperto che quella struttura era il “Teatro Continuo”, un’opera di Alberto Burri, realizzata nel 1973 in occasione della XV Triennale: una vera e propria macchina scenica composta da una piattaforma in cemento e sei quinte laterali in acciaio dipinto, pronta all’uso per spettacoli, manifestazioni ed esibizioni estemporanee di chiunque volesse.
Il lavoro di un grande artista, quindi, nato con una finalità encomiabile, ma che non era riuscito, come altre opere presenti nel parco Sempione, a integrarsi con il verde e con i suoi fruitori e che in pochi anni appariva in uno stato di grave degrado; tanto che alla fine degli anni ’80 si decise di smantellare il manufatto, tra le proteste dell’autore che non gradì per nulla questa scelta.
La notizia di questi giorni è che in concomitanza con il centenario della nascita dell’artista, il “Teatro Continuo” sarà ricostruito com’era e dov’era da una ditta specializzata. I 150 mila euro necessari saranno sborsati dalla Fondazione Burri e da NCTM Studio Legale: questo regalo alla città dovrà essere pronto per l’Expo 2015.
Ma è un dono gradito? L’arte contemporanea spesso incontra l’ostilità del pubblico, soprattutto per una semplice ragione: spesso si presenta prepotentemente, imponendosi con aggressività alla vista dell’ignaro passante, che non ne comprende appieno il significato. Quello del Teatro Continuo di Burri è sicuramente uno di questi casi. L’artista ha forse peccato di presunzione nel voler inserire, sia pure in buona fede e con lodevoli finalità, un segno così forte in un ambito già molto bello di suo.
Mi domando allora se sia proprio necessario riproporre quest’opera là dove già una prima volta è andata incontro a critiche e degrado; e soprattutto se non sia possibile trovare una collocazione alternativa che salvaguardi l’integrità del manufatto e la poetica di Burri, risultando meno estranea al contesto. Mi sono dato una risposta: nei prossimi anni Milano si doterà di un giardino di sculture moderne nell’area di City Life, quella sorta al posto della vecchia Fiera. Un altro parco, dunque, in cui sarebbe anche possibile ricreare un cannocchiale prospettico che abbia come sfondo, al posto della Torre del Filarete, i tre avveniristici grattacieli ora in costruzione. L’effetto sarebbe altrettanto scenografico e la funzione del teatro potrebbe essere esaltata. Inoltre, poiché il giardino delle sculture è in fase di progettazione, si potrebbe studiare con i paesaggisti la migliore soluzione possibile e non calare dall’alto un’opera estranea al contesto, come avvenne nel 1973 e come si vorrebbe ripetere adesso. Che ne dite?
VinceItaly