sabato 11 gennaio 2014

Zona Centro Storico - Il Cerchio Celtico

Il Centro di Milano ha un cuore celtico che pochissimi conoscono. Lo si può ancora vedere nei tracciati stradali attorno a Palazzo Marino e al Teatro della Scala. Il "cuore" era Piazza della Scala e il perimetro lo si riscontra nella forma circolare che formano le vie circostanti: Via Gerolamo Morone, Via Andegari, Via Arrigo Boito, Via Clerici, Via San Protaso e le odierne e un po' stravolte vie Tommaso Grossi (un tempo Contrada di San Salvatore e contrada dei Due Muri - questo nome forse rivela l'attinenza con un muro perimetrale?-), Via Agnello e Via Hoepli (era più o meno la contrada della Sala).
Rilievi archeologici hanno rivelato la presenza di un vallo, il presunto vallo circolare che delimitava il villaggio celtico con al centro il medhelan, “centro di perfezione” o “terra sacra di mezzo”, ossia del grande santuario celtico presumibilmente fondato nel primo quarto del VI secolo a.C., da cui forse derivò il nome latino di Mediolanum e quello odierno di Milano (una delle tante ipotesi).

Un medhelan era un bosco sacro che si trovava, più o meno casualmente, al centro di una serie di coordinate terrestri e astrali, che facevano di esso il luogo ideale per il raduno dei druidi e della popolazione in particolari momenti celebrativi. Il nostro santuario, destinato alla confederazione insubre, doveva presentarsi come uno spiazzo erboso circondato da alberi che formavano un’ellisse con gli assi di m 443 x m 323 ed era situato intorno a piazza della Scala, lasciando l'odierna piazza del Duomo a meridione.



L'accesso al santuario era garantito da un sistema di sentieri il cui tracciato venne mantenuto anche in età romana e si trasmise fino al XIX secolo; tra i tracciati viari quello che correva immediatamente a meridione del santuario condizionò l'orientamento dei posteriori edifici romani. Le costruzioni più antiche rinvenute nell'area di piazza Duomo risalgono a due secoli dopo la fondazione del santuario, quando con la seconda ondata di Galli, conosciuta come invasione guidata da Brenno nel 390 a.C., al medhelan si affiancò il centro della confederazione insubre, secondo la leggenda col nome di Alba.

Nonostante manchino reperti per stabilire la qualità delle abitazioni, nell’area di Palazzo Reale e della retrostante via Rastrelli sono stati fatti ritrovamenti databili tra la fine del V sec. e gli inizi del IV sec. a.C. Gli scavi nell’angolo SW di Palazzo Reale hanno restituito a - 5 m di profondità una piccola fornace del V sec. a.C. oltre a tracce di abitazioni non meglio definite. Da Polibio sappiamo che gli Insubri avevano un tempio dedicato a Minerva, corrispondente alla celtica Belisama o Brigida, la “Luminosa”, che custodiva le insegne dette “inamovibili”. La tradizione locale identifica questo tempio con una piccola cella a base quadrata e forse circondata da un portico rinvenuta da Mario Mirabella Roberti all’interno della cattedrale estiva (piazza del Duomo), con delle misure che si aggirano sui m 17 di lato.

Il medhelan continuò a sussistere accanto ad Alba e venne più tardi trasformato in cittadella, ossia circondato da un terrapieno rinforzato da palizzate, affinché la popolazione potesse trovarvi riparo nelle emergenze o vi si radunasse in occasione di feste o cerimonie. Aveva pur sempre carattere sacro, finché dall'imperatore Augusto in poi, dopo il divieto dei culti peculiari dei Celti, tale funzione venne gradualmente meno. Nell'antico medhelan si poté allora costruire (sono state trovate tracce di abitazione intorno alla chiedìsa di San Fedele), ma avanzava ancora ampio spazio per i raduni, per cui rimase nella memoria collettiva a partire dal medioevo come arengo; il vocabolo pare essere di origine germanica e derivare da "ring" ossia "cerchio", forse per l'abitudine di disporsi intorno a chi parlava, ma nei documenti si chiama anche arenario, chiaramente per la presenza di terra battuta.

Il vallo ellittico.
È presumibile che il nemeton (a parola gallica Nemeton designava il santuario, il luogo specifico in cui i Celti praticavano i loro culti, sotto la direzione dei druidi) fosse difeso da un vallo costituito da una palizzata, un argine e un fossato esterno. Considero quindi che il perimetro più interno sia l'ellisse regolare tracciata con la corda, e corrisponda alla palizzata. Col passare dei secoli l'argine si sarebbe trasformato in percorso stradale di cui rimarrebbero alcune tracce nelle strade moderne e in qualche parete perimetrale dei cortili interni di alcuni edifici.



Nell'elenco che segue è usato il nome attuale delle vie, ma la figura mostra l'impianto viario della metà dell'Ottocento, in parte diverso da oggi. Le tracce che si possono considerare sono la via Boito (A), una parte di via Clerici (B), un vicolo (C) disegnato nella pianta di Francesco Richini del 1603 (fig. 3), il lato nordovest dell'isolato tra via S. Radegonda e Via Agnello (D), la parete ovest (E) del cortile interno adiacente alla Casa Manzoni (fig. 4) e il breve tratto di via Morrone che sbocca su via Manzoni (F). Queste tracce sono raccordabili con una linea ellittica di cui si potrebbero misurare gli assi con l'incertezza di qualche decina di metri. Solamente motivi estetici portano Carlo Frison a proporne le dimensioni in 390 per 338 metri, che danno una ellisse costruibile con la terna pitagorica 3, 4, 5 di un triangolo avente il cateto maggiore compreso tra i due fuochi e il vertice opposto a questo cateto su un punto dell'ellisse, come si vede nella figura. Tratteggiato i ritrovamenti del vallo.

Parte tratto da storiadimilano.it e da carlofrison.it

Centro storico con segnati il Cerchio Celtico e il Villaggio Romano


Mappa di Milano Celtica

Ricostruzione di Milano VI e III secolo A.C.

Ricostruzione di Milano VI e III secolo A.C. con i monumenti attuali


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