Nel frattempo, dopo la notizia, si è formato un comitato (oramai è una consuetudine) contro la sua ricostruzione, su Facebook c'è anche una pagina.
Il dibattito è stato acceso per alcuni mesi come si evince da una lettera pubblicata sulla pagina FB del comitato contrario al Teatro di Burri. Le rimostranze si appellano al fatto che l'opera d'arte in questione deturpa la prospettiva da piazza del Cannone (Castello) verso l'Arco della Pace, interrompendo il cannocchiale prospettico e paesaggistico. Le spese per la sua realizzazione sono coperte dalla Fondazione Burri.
Come sostiene l'Assessore Del Corno, la delibera è stata assunta in piena consapevolezza da un organo appunto deliberante, e gli effetti della delibera non verranno sospesi. La collocazione del teatro Continuo è in piena coerenza con la volontà dell'artista e si pone in linea di continuità con altre analoghe esperienze presenti in tutto il mondo di strutture dedicate alle performative collocate in parchi pubblici.
Per il comitato le ragioni sono ben diverse: è vero che il Burri volle la sua opera, in origine, collocata nel Parco, nel punto esatto dove la si vorrebbe ricollocare, ma bisogna chiedersi se sia stato maggiore il diritto di Burri di collocare la sua installazione nel punto più significativo di Milano, o se non sia prevalente il diritto di un'opera d'arte di essere mantenuta nello stato originario in cui si trova: l'opera d'arte è il Parco sempione nella sua veduta prospettica centrale creata da Emilio Alemagna. La violenza provocatoria di quella collocazione aveva una giustificazione nella natura temporanea della stessa ed era figlia del clima politico di quegli anni. Riproporla oggi ha un valore completamente diverso, risulta priva di significato e motivazioni se non nel ricordo nostalgico degli anni che furono, una operazione vecchia, che non contribuisce all'avanzamento della cultura artistica o alla valorizzazione di nuovi talenti, ma rimangono solo i suoi difetti:
Lo sfregio di un'opera antica come forma di provocazione.
Il Teatro Burri anche se non dovesse ricoprirsi di graffiti è esso stasso un graffito, una tag di Alberto Burri che intende marcare così il suo territorio e rendersi in tal modo riconoscibile.
Chi vuole questa "scultura" che divide la città? Molti sono anche i pareri favorevoli alla sua realizzazione. Comunque oramai ci siamo e l'opera torna al suo posto volenti o nolenti. Staremo a vedere se tornerà utile o sarà un ennesimo tassello che presto tornerà al degrado. Noi siamo certi che sarà mantenuto al meglio come altre opere del parco che oramai è diventato un gioiellino.
Foto Ocia87 |